Territorio

Smrt fašizmu, sloboda narodu!







sabato 13 novembre 2010

del lavoro, delle parole e della vita in genere

Appartengo a quella categoria di persone che ogni giorno viene spremuto come un limone sul mercato del lavoro in nome della produttività, della competitività, della globalizzazione. Lavoro con la tastiera del PC e sono un privilegiato rispetto ad altri, eppure il livello di stress e di pressione è tale che, certe sere, quando arrivo a casa, non ho nemmeno voglia di parlare, non ascolto nessuno e se posso mi infilo a letto alle nove.
Certi sabati dormo quasi tutto il giorno per recuperare la spremitura settimanale.

Spesso mi chiedo a cosa serve tutto questo e mi rispondo che lo faccio per la mia famiglia, per far studiare i figli, perchè il lavoro che faccio è creativo e mi piace e poi non so fare altro.

Però mi accorgo che tutta questa fatica che faccio, non serve a niente.

Sono organico al sistema, non sto aiutando nessuno a fare alcunchè degno di nota , non contribuisco nemmeno ad aumentare il valore delle azioni del gruppo per cui lavoro, visto che le variazioni sui mercati finanziari dipendono da fattori imponderabili,speculativi, psicologici e casuali che non hano nulla a che fare con il valore reale dell'azienda.

Questo per dire che il sistema economico in cui vivo, lo conosco abbastanza bene e lo vivo sulla mia pelle.

E' da ieri sera che mi tormento dopo aver assisitito all'incontro sul lavoro del post precedente.

Ieri sera me ne sono andato via con una sentimento di tumultuosa incazzatura dentro.
So già che chi mi conosce penserà: "niente di nuovo", eppure questa volta avvverto proprio una lacerazione forte tra le mie aspettative e le parole che ho ascoltato, sempre più incazzandomi a mano a mano che la serata procedeva.

Cosa c'è stato di stonato nell'incontro di ieri?

Nel post precedente, riportavo l'incazzatura a caldo, ma oggi mi rendo conto, sollecitato anche dall'intervento di un lettore anonimo, che c'è qualcosa di più profondo nel mio disagio.

Allora, provo ad analizzare cosa mi ha fatto incazzare.

Prima di tutto l' atteggiamento di "professorialità" da parte dei relatori, come se noi fossimo il popolo da istruire, poi una sorta di rassegnazione che aleggiava nell'aria, una specie di presa d'atto che le cose stanno così e dobbiamo accettarle, come mi dicevano da ragazzo (è così, è sempre stato così e sempre sarà così...e a me mi (si maestra, lo so che non si dice) girano le scatole a sentire queste banalità).

Poi ho visto il trionfo culturale del berlusconismo e del leghismo, nelle parole della rappresentante della CISL (ma, dico io, che cazzo di quote di immigrazione si vuole governare in un paese che non sa nemmeno governare i processi economici più elementari?) e mentre mi aspettavo un moto di indignazione per certe affermazioni, NON ho percepito reazioni degne di nota a parte un bell'intervento di un signore che citando Marx, Leone XIII e Latouche, ha tentato di contrastare, in solitaria, la deriva della moderata signora.

Poi mi ha infastidito il sentire ancora parlare di sviluppo (diversamente declinato in sostenibile o economico che sia) che è ormai di per sè un evidente incongruenza, perchè da un lato sappiamo che non è possibile continuare a crescere all'infinito in un sistema a risorse in numero finito, e dall'altro abbiamo bisogno di crescere per tenere in vita l'elefante economico-consumistico sulla groppa del quale viaggiamo verso il baratro.

Infine la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la proposta fatta quasi vergognandosi da parte della delegata CGIL di rilancio del settore delle costruzioni. Lì proprio mi si sono sfracellate le palle al suolo.

A fronte di queste considerazioni (ecco il disagio che mi percorre da ieri sera), mi chiedo se ho sbagliato strada, se esistono compagni di viaggio, se sono io l 'anomalia destinata a viaggiare ai margini.

Sono troppo vecchio per avere certezze e devo dire che oggi sono più confuso del solito.

X anonimo:
devo rettificare una cosa del post precedente,
Ci sarà una prossima volta e mi farò sentire, a costo di aspettare fino a mezzanotte per avere il microfono.

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